La strada

La strada, questa strada impossibile, difficile, sudata, questa strada a greto di torrente, non mai sazia di pietrisco, di sassi, di terra, questa strada che per sei mesi all’anno non è percorribile da alcun mezzo se non a prezzo di terribili fatiche per lo sgombero della neve, e che per gli altri sei è percorsa solo dai pazzi della Schiaparelli, … questa strada da tutti sollecitata, da tutti promessa, non può essere lasciata così …. perché noi vogliamo ricevere le scolaresche, vogliamo intrattenere il pubblico che è sempre più numeroso, vogliamo fare osservazioni, vogliamo studiare; e l’abbiamo sempre fatto, anche quando eravamo stanchissimi per la fatica, quando i muscoli indolenziti non volevano più sostenerci, l’abbiamo fatto rubando le ore al sonno, l’abbiamo fatto con il bello e il brutto tempo, d’estate e d’inverno, ma ora non lo possiamo fare più, la strada è più urgente. (da Andromeda, anno I n.2)

Il 12 settembre 1969, con una lettera al sindaco Ossola e agli associati, Furia sospese tutte le attività culturali per concentrarsi sull’impresa della strada. I lavori iniziarono il 6 settembre 1969. Arrivarono autocarri di sabbia, ghiaia e ghiaietto, fusti di bitume. Il materiale era donato da imprese private, dal Comune e dalla Provincia di Varese. L’Azienda Autonoma di Soggiorno contribuì finanziariamente.  Sembrava tanto, ma si esauriva rapidamente.

Le mine

Visto che il bilancio comunale pare che vada al disastro se si attua quanto è obbligo del Comune  di Varese per la destinazione a parco dei terreni donati, e visto che il parco si deve fare, e che per poterlo fare occorre e necessita provvedere alla costruzione di opere fondamentali che nulla hanno a che vedere con le scienze Naturali, altro non resta da fare: mettermi al lavoro ancora una volta, finché Dio vorrà.

Furia frequentò il corso per conseguire la patente per l’uso di esplosivi e il 9 marzo 1971 superò l’esame e ottenne dal prefetto Ariano l’autorizzazione al mestiere di fochino, limitatamente al brillamento a fuoco delle mine. In realtà ben prima imparò sul campo, osservando le mine preparate da un fochino della cava Nidoli di Travedona. Usava la pericolosa polvere nera, ma Furia passò al tritolo (la fragola), che esplodeva solo se innescato. Una volta successe che il fochino preparò otto cariche che non esplosero. Fu Furia a rischiare la pelle: si avvicinò carponi, e una a una le disinnescò.

Furia salì a Campo dei Fiori tutti i giorni, nel primo pomeriggio dopo il lavoro, insieme a Rosi Ossola. Egli portava i detonatori, e Rosi fu l’unica a farsi avanti per portare l’esplosivo; dovevano essere in due per la sicurezza. Gli attrezzi erano in ottone per evitare scintille. Furia spostava con la Campagnola il compressore, e partiva col martello pneumatico a fare i buchi per le cariche esplosive. Verso le 19 Rosi riceveva il cambio da Camilla Zanzi, dopo la chiusura della farmacia dove lavorava. Rosi tornava a casa, con la 500 d’occasione comprata per i viaggi a Campo dei Fiori.

Camilla voleva vedere da vicino come si fanno le mine. Fu accontentata una domenica, sul piazzale belvedere. Le micce lente erano collegate e pronte per l’accensione. Furia le faceva corte perché era più difficile che si spegnessero, e quando una miccia si spegne non sai che pesci pigliare. Tre squilli di cornetta di avvertimento. Tutti al riparo meno Furia e Camilla, davanti al fronte di sparo. Furia avvicinò la sigaretta alla miccia e scattò via. Ma Camilla rimase lì ferma, ipnotizzata davanti alle micce che bruciavano. Furia gridò Vuole morire !?. Lei capì e si mise a correre. Si gettarono a terra dietro il primo riparo. Ci fu l’esplosione, con la volata di sassi che colpivano i larici. Se non mi accorgevo, lei era a miglior vita e io in galera. Ha chiesto perdono, e aveva troppi meriti, ma due calcioni se li è presi. (Furia, luglio 2010).

Una sera Furia e Rosi stavano lavorando al piazzale belvedere, che era molto più stretto di oggi, ed era cinto da una cortina di larici che nascondevano la pianura. Aveva fatto due buchi in una grossa tavola di roccia staccatasi dalla parete, e li aveva riempiti ciascuno con 50 grammi di tritolo. Udirono sopraggiungere un’automobile; Furia cacciò in tasca il detonatore. Erano i Carabineri, in perlustrazione al ponte radio. Il maresciallo Armando? Ferrante scese dalla gazzella e chiese a Rosi: Ragazzo, che sta succedendo? Rosi, che indossava i pantaloni, si tolse il passamontagna e scosse i lunghi capelli biondi; Furia non si mosse, salutò e disse: devo brillare due minette, potete passare di là. Le mine non erano un mistero: i botti si sentivano benissimo fino a S. Ambrogio. Quella volta Furia desiderò che partissero al più presto. Poi disse a Rosi di non muoversi, si era accorto che la tasca aveva un buco e il detonatore chissà dov’era, nel buio. Un passo falso, una leggera pressione, e bum! Per fortuna lo ritrovò subito, un debole luccichio vicino ai suoi piedi. (Furia, luglio 2010)

Furono brillate più di 260 mine per allargare la sede viaria e la creazione di piazzole. Nel fine settimana i soci con mazze, pale e picconi spianavano la strada, rimuovendo le sporgenze, usando le pietre per riempire buche e costruire muretti di sostegno, e il brecciame per livellare. Si terminava l’opera rullando a mano lo strato finale di pietrisco calcareo. Gli scavi nella roccia per i tubi di gres dei tombini di scarico dell’acqua piovana furono la fatica più dura. Con l’avanzare dell’autunno si lavorò anche alla luce dei fari delle auto.

Asfalto

Completato il piano stradale bisognava stendere il manto di asfalto, dalla Madonnina all’osservatorio. Finché i fondi del Comune lo permisero, il catrame caldo fu fornito dalla ditta Fontana di Arcisate. Poi, quando si giunse alla curva Nord e i soldi erano scarsi, il catrame fu prelevato dai fusti scaldati sul bordo della strada. Si era alle porte dell’inverno, e Furia salì ogni sera dopo il lavoro, con altri due o tre associati a turno. In questo bailamme nacque Massimo Furia.

In basso da sin.: Rino Fè, Schena (operaio), Tata Saveri, Susi Peracchio, Mauro Libassi, Bruno Moretti, Enzo Fiore, un operaio, Massimo Libassi. In seconda fila: Orazio Marletta, Stefano Broggi, Luigi Raia, Camilla Zanzi; in terza fila: la signora Peracchio, Roberto Peracchio, Gabriella Guarisco, Angela Broggi; in alto: Maria Leonardi, Walter Peracchio, Gabriella Brivio.

A novembre la Schiaparelli diede fondo alle sue forze. Lavorò freneticamente al trasporto dei fusti e del pietrisco, a svuotare i fusti con le secchie, a impastare a mano e stendere il materiale col rastrello, e rullare … e così, sempre più velocemente, il nastro nero si allungava e in tutti noi aumentava la compiacenza per il lavoro compiuto e la stanchezza si scioglieva nei sorrisi degli occhi anneriti dal catrame …  (Mario Li Bassi, Andromeda anno II, n.1). 

Domenica 2 novembre 1969 h.6 sveglia, arriva il rullo compressore. Inizio sistemazione fondo stradale (macadam) prima di asfaltare. Inizio lavori dalla sbarra salendo, curva Nord, salendo verso la piazzuola. Partecipano: Furia, Angela Broggi, Rino Fè, Giorgetti, Li Bassi, Crljenak, Eismeyer, Fiore, Moretti, Walter e Roberto Peracchio, G. Agliata, Angelo Galli, M. Leonardi, Rosi Ossola, A. Caravati, e tre operai. Alle 14,30 smesso di lavorare, salito in osservatorio per colazione. Lunedì alle 5 il sig Furia sale a CdF. Inizio asfaltatura dal piazzale salendo verso l’osservatorio. 

La neve apparve l’8 novembre 1969, a lavoro finito. Quel giorno Furia partì per la Scuola Centrale Tributaria “Ezio Vanoni” a Roma, con gli altri procuratori dell’ufficio del registro, per un corso sulla nuova imposta IVA. Si assentò a Roma fino al 20 dicembre 1969.

Varese, 19 novembre 1969. Gent.mo Sig. Furia, vengo a Lei per darle alcune notizie. Qualche lavoro è stato fatto, altri parzialmente. Ho dedicato 2 giorni allo sfoltimento degli alberi partendo dalla curva Nord. Vi è molto da tagliare per ottenere passaggi di luce, il risultato è buono ma mi impegnerà ancora. Domenica (9) dato che Rino era al lavoro ho fatto i muri perimetrali della guardiola (della pompa dell’acqua)… Aldo realizzerà il portello. Domenica ventura si ultimerà il tetto. Ho portato parte del vino e in settimana completerò il fabbisogno (l’ho fatto provare e lo hanno trovato molto buono). I ragazzi lavorano e mi pare che gradualmente possa esercitare su essi una maggiore autorità. Questa l’ho voluta limitare di proposito inizialmente per evitare urti o risentimenti in una comunità affiatata e con diritti dati dalla maggiore anzianità di partecipazione. Credo quindi che, in seguito, quelle carenze dovute a quanto detto non si verifichino più. I ragazzi parlano di Lei con affetto, e da qualche tristezza specialmente alla sera, credo che risentano della sua lontananza. Io lo ricordo specialmente nelle S. Comunione e queste le dedico alle sue intenzioni ed a una umanità sempre migliore. Le auguro che il suo soggiorno a Roma sia sereno (anche se Le abbiamo dato qualche motivo per non esserlo) e che il suo lavoro si svolga nel migliore dei modi. Porto a Lei il mio più affettuoso saluto e se mi permette lo abbraccio. Li Bassi.

Nel 1969 fu allestita la camera oscura per lo sviluppo e la stampa  fotografica. In ottobre, con la cupola imprigionata dal ghiaccio, fu avvistata al binoculare Zeiss la cometa Tago Sato Kosaka (1969g), la prima a essere studiata anche dallo spazio. Il satellite rilevò una nube di idrogeno attorno al nucleo, ben più grande del Sole (La Prealpina, 24.01.70). Dall’agenda: richiesta di lastre a Brera (36 lastre 103a Kodak a Cinisello Balsamo per 33mila lire).

Torna in alto